a cura della redazione, 13 aprile

Gli archeologi hanno trovato il primo esempio di annotazione del calendario Maya su due frammenti di murales, rinvenuti nelle profondità della piramide guatemalteca di San Bartolo, nella giungla di El Petén, tra migliaia di resti di antiche pareti. Una scoperta che dimostra come i Maya organizzassero il tempo in modo rituale molto prima di quanto si pensasse. Su un frammento sono disegnati un punto e una linea orizzontale, mentre tra la sua parte inferiore e il secondo segmento di gesso è ben visibile la testa di un cervo. 

LO SAPEVI CHE - La data dei “7 cervi” era seguita, nel Tzolk'in, da “8 stelle”, “9 giada/acqua”, “10 cani”, “11 scimmie”... Durante il periodo classico, gli scribi Maya usavano solo raramente la testa di cervo come glifo per il settimo giorno. Invece, era molto più comune usare un segno della mano, che mostrava il tocco del pollice e dell'indice. Ciò può essere spiegato dall'uso stabilito del segno della mano in altre impostazioni come il segno fonetico "chi", che indica in Ch'olan il "chij", derivato dal proto-Maya "kehj". Ciò riflette lo status del Ch'olan come lingua e scrittura di prestigio, usata anche tra le comunità nelle pianure Maya. Sino ad ora il primo uso attestato come "il giorno Cervo" era stato registrarto nel primo periodo classico (dal 200 al 500 d.C.). L'uso della testa di cervo a San Bartolo datato tra il 300 e il 200 a.C. circa, invece, potrebbe rappresentare una fase iniziale dello sviluppo della scrittura Maya, prima che la mano del "chi" puramente fonetico emergesse come forma Ch'olan standard del segno.

Segni che alludono, secondo i ricercatori, allo Tzolk'in, il calendario sacro composto da 260 giorni, rappresentati da glifi e numerati da uno a 13 in modo ciclico, che ricordano la durata della gestazione umana. In particolare si tratterebbe di un chiaro riferimento al giorno dei "7 cervi": il popolo Maya, infatti, scriveva il numero sette con due punti in cima a una linea. Secondo gli studiosi manca, però, il pezzo che riporta il secondo punto, ma contano di trovarlo tra i 249 frammenti che hanno sino ad ora attribuito all'antico calendario. I dettagli di questi risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Science Advances.

Scoperto nel 2001, da un gruppo di studiosi, guidato da William Saturno, il luogo si distingue per la sua piramide a gradoni, cui sono state attribuite sette fasi costruttive, poste l'una sull'altra. Durante ogni nuova fase le mura coprivano completamente quelle precedenti, includendole all'interno delle fondamenta. 

Gli scavi archeologici nel sito Maya hanno rivelato una serie di importanti dipinti murali risalenti al periodo tardo preclassico (dal 400 a.C. al 200 d.C.). Questi provenivano da un unico complesso architettonico, chiamato Las Pinturas per i colori vivaci utilizzati negli affreschi. Il luogo era associato alle osservazioni astronomiche Maya e alla scienza del calendario, cui afferiscono diverse strutture ausiliarie che definivano l'intero complesso rituale, comprensivo di una piattaforma allungata denominata Ixbalamque

Gli archeologi hanno scoperto più di 7.000 pezzi di gesso e resti delle pareti distrutte. I frammenti che riportano il giorno dei "7 cervi" sono stati attribuiti tra la III e la IV fase costruttiva, quando la piramide centrale era più piccola. Per ampliarla i suoi muri furono abbattuti. Ciò che ha destato maggiormente l'attenzione degli studiosi è il rispetto con cui i Maya trattarono i detriti depositandoli con precisione all'interno della camera ampliata come una sorta di sepoltura simbolica delle immagini e dei testi su di esse custoditi. La cura con cui i Maya smantellarono il murales, come ne hanno rimosso l'intonaco, come lo hanno posto all'interno della camera suggerisce l'esistenza di una regola costruttiva: realizzando la nuova struttura, seppellirono quella vecchia come se la considerassero qualcosa di sacro, là dove nelle immagini dipinte, impregnate di ritualità, era stata impressa la Vita.

Le indagini sulle fondamenta architettoniche di questo complesso rituale hanno rivelato dipinti anche precedenti e un frammento che conteneva importanti prove della prima scrittura geroglifica Maya. I famosi murales policromi di San Bartolo raffigurano divinità e umani in scene di carattere mitologico che ci danno uno spaccato della loro cultura e religione. Sembra furono dipinti all'interno di un tempio, durante la penultima fase del complesso. Con l'aiuto di sofisticate tecnologie di imaging e delle conoscenze accumulate su tale civiltà, i ricercatori sono riusciti a ricomporre scene che mostrano l'origine del mondo secondo l'antico popolo scomparso, del loro dio del mais o del dio del Sole che sorge sulla montagna.

Gli archeologi hanno anche trovato glifi che forniscono nuovi indizi sugli aspetti chiave di questa antica cultura. Uno è il primo riferimento scritto abbinato a una figura su un trono in dipinti che precedono di 100 anni la monarchia di Tikal, Ceibal o Palenque. Datato tra il 300 e il 200 a.C. circa, è considerato uno dei primi esempi di scrittura precolombiana del Mesoamerica, testimoniando che già allora esistevano una complessa organizzazione sociale e una gerarchia del potere. Precedenti scoperte di iscrizioni geroglifiche al San Bartolo hanno dimostrato che i sistemi di scrittura si erano sviluppati nell'area delle pianure Maya centrali molto prima di quanto si pensasse in precedenza. I primi esempi di scrittura geroglifica Maya, trovati a Oaxaca, in Messico, risalgono al 400 a.C. circa, quelli di San Bartolo risalgono al 300 a.C. circa, un indicatore significativo di espansione in un breve lasso di tempo, considerando che San Bartolo si trova più di 800 chilometri a sud-est di Oaxaca.


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